Oggi Facebook ha rinnovato i Gruppi, potenziando il nostro potere di controllo sulla privacy. Ma la gente comune lo eserciterà davvero, questo potere? Improbabile, perché molte persone si pongono il problema della privacy solo superficialmente e, al di là dei discorsi da bar, oscillano tra il terrorismo psicologico e la più totale superficialità.
Quello della privacy non è solo un problema di strumenti, ma è soprattutto un problema di cultura. Specialmente per i ragazzi, non esiste ancora una formazione adatta a trasmettere il valore etico, pratico e sociale della privacy (un valore di cui noi europei sembriamo quasi vergognarci, e che invece ha implicazioni importanti).
Da mesi blogger della prima ora e utenti “smanettoni” spendono parole su parole contro Zuckerberg e contro le politiche di Facebook. Spendono anche brutte parole contro “l’utente medio di Facebook”, che guardano con un atteggiamento snob e poco produttivo.
Ma il vero problema sono gli utenti, utenti che noi stessi non sappiamo aiutare ed “educare” all’uso consapevole del web. Solo chi vive su Internet, qui in Italia, è in grado di spiegare in modo semplice e diretto i pregi e i difetti dei social network. Senza demonizzare un servizio, ma con un occhio attento sviluppato dall’esperienza. Eppure, fino ad oggi, abbiamo delegato questa informazione a una stampa mal informata e sensazionalista.
Ben vengano gli strumenti, e sicuramente Facebook può fare molto, molto, molto di più, specialmente sul fronte della trasparenza. Ma, diciamocelo, ci sono ben altri fronti su cui lavorare.
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