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Facebook acquisisce Glancee, una start-up italiana

Facebook continua la sua campagna acquisti, e questa volta include un’app nata da menti italiane (ma la sede è comunque San Francisco). Glancee consente di scoprire se ci sono delle persone nelle vicinanze con cui abbiamo degli amici in comune o che condividono i nostri stessi interessi. Leggi la storia sul mio Storify.

Safer Internet Day: vi regalo la mia tesi

Oggi è il Safer Internet Day, una giornata di sensibilizzazione a livello europeo sulla tutela dei minori nel web. Come piccolo contributo, ho deciso di regalare a chi passerà di qui la mia vecchia tesi di laurea.

Non è aggiornata alle ultime novità, e mostra anche qualche difetto di gioventù, ma credo possa essere interessante per chi si occupa di educazione, ma anche per genitori e adolescenti, e per chiunque lavori su Internet. Si intitola: “Minori e servizi di social networking, una sfida normativa” e tratta i rischi, le opportunità e le tutele che i minori possono incontrare su Internet. Perché l’informazione non è mai abbastanza, specialmente in un paese dove le cultura della reputazione online deve ancora radicarsi. Per chi passerà, buona lettura!

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iBooks 2 e iBooks Author: iPad invade le scuole

Il mio professore di filosofia, al liceo, era uno dei migliori professori di filosofia d’Italia. Stessa cosa per il mio professore di storia dell’arte all’Università. Entrambi avevano una cosa in comune: usavano pochissimo i libri di testo, preferendo dettare appunti e delineando un programma su misura per le nostre esigenze. Oggi, vedendo l’annuncio di Apple, penso che di questi tempi la vita dei miei due migliori professori sarebbe ben più facile. A New York, infatti, è stato presentato iBooks Author, un software gratuito per Mac che consentirà a tutti i docenti (ma non solo) di creare libri di testo digitali per iPad con estrema facilità. Basta un copia incolla per trasformare gli appunti in libri, con tanto di figure interattive, slide, grafici e così via. Il docente potrà poi vendere il libro su iBookstore oppure renderlo disponibile a tutti gli studenti, gratuitamente, su iTunes U (U come “University”, che non è più solo una sezione di iTunes ma ora ha un’app a sè stante).

Anche l’applicazione iBooks su iPad è stata completamente ridisegnata, dando molti strumenti in più agli studenti per prendere appunti, collaborare e sottolineare. Apple chiaramente sta facendo leva su un settore in cui è storicamente forte anche per migliorare l’immagine di iPad come e-reader: non è facile da leggere come un Kindle, ma il suo display e il suo software lo rendono una piattaforma molto più versatile, potenzialmente rivoluzionaria nel settore education.

Se le scuole italiane avessero il coraggio di adottare un iPad (o anche un altro tablet) per i propri studenti potremmo decisamente ridurre i costi dell’istruzione, renderla più libera e decisamente più “contemporanea”. Perché nel 2012 gli studenti hanno bisogno di più stimoli rispetto a dieci anni fa. Gli ebook per iPad, inoltre, sono accessibili e ben progettati anche per portatori d’handicap.

Si parlerà sicuramente della chiusura del sistema Apple, della necessità “etica” di adottare sistemi aperti e magari tablet più economici. Mi permetto solo di segnalare che la tecnologia di Apple ha il vantaggio di essere già qui, ben strutturata, con una rete distributiva potente e con una semplicità d’uso che difficilmente troveremo in altri prodotti, almeno oggi. Poi, ovviamente, l’importante è scegliere e agire, perché l’educazione dei ragazzi di oggi non si può decidere tra cinque anni.

iBooks Author è già disponibile gratuitamente su Mac App Store, mentre iBooks 2 è già disponibile in App Store. Nessun grande editore di libri di testo italiani è già sullo store, ma è già possibile scaricare un libro di biologia per provare l’interfaccia.

WhatsApp e il complottismo

Leggo questo paragrafo di un articolo di Repubblica sulla rimozione di WhatsApp da App Store e, ancora una volta, rabbrividisco per le illazioni gratuite.

D’altra parte, non è la prima volta che Apple blocca la distribuzione di un’applicazione per motivi – a sua detta –  di sicurezza. Anche se in questo caso rimane il dubbio che si tratti dell’ennesimo eccesso di zelo che va a colpire chi, come Whatsapp, garantisce un servizio gratuito (scambio di messaggi fra cellulari senza costi aggiuntivi), concorrenziale a quello di tanti operatori telefonici  come i classici sms, a pagamento.

Presumo che il giornalista autore di questo articolo non ne sappia nulla di iMessage, un sistema sviluppato da Apple che fa proprio la stessa cosa di Whatsapp e sul quale, evidentemente, gli operatori non hanno avuto molto da dire. Aggiungo anche che se questa falla fosse stata imputabile a un servizio Apple il tenore degli articoli sarebbe stato ben diverso, ma sempre a carico di Apple. E per chiudere: WhatsApp è tornata sullo store con un’approvazione in tempi record segno che sì, si voleva solo far sistemare una falla di sicurezza che poteva ledere la privacy degli utenti. Un conto è fare i fanboy, un conto è dire ma non dire con eccessiva leggerezza.

Le migliori app per iPad: Pikappa su Pinterest

Da qualche giorno sto utilizzando con estremo interesse Pinterest, un nuovo social network di cui i siti più “cool” stanno parlando in questi giorni. In effetti i presupposti sono davvero promettenti: si tratta di un sito in cui è possibile creare raccolte di link graficamente accattivanti, perché basate sulle immagini. Così, ad esempio, è possibile tenere aggiornata una lista di piatti tipici, di citazioni, di film e così via.

Se siete interessati alle notizie su iPad ora potete seguire anche il mio board su Pinterest, dove ogni giorno raccoglierò le app più interessati installate sul mio iPad. Sarà un modo carino e veloce di tenersi aggiornati sulle app più interessanti, tirando fuori il meglio dal vostro tablet. Buon divertimento, e se volete suggerirmi qualche app oltre che su Pinterest potete trovarmi su Twitter (@pikappa).

Aspettando Flipboard for Mac

Come sarà Flipboard per Mac? Perché io lo voglio, decisamente. I design delle applicazioni per iPad sono spesso notevolmente superiori a quelli per computer, forse perché l’obbligo di semplificazione ha spinto i designer a progettazioni lineari. Proprio come piaceva a Steve. A Flipboard ci stanno pensando davvero ad un’applicazione per Mac, ma hanno deciso di prendersi tutto il tempo necessario. Intanto qualcuno ha già fatto qualche ipotesi in Photoshop, ma queste cose lasciano il tempo che trovano. Sento la necessita di un ottimo aggregatore di notizie integrato con i social network, non ho ancora trovato nulla di eccezionale. Il migliore, per ora, è Reeder, il mio lettore di RSS di riferimento, ma manca ancora molto della parte social.

La fotocamera di iPhone 4S secondo Foodspotting

Foodspotting è un social network di recensioni fotografiche dei ristoranti: chiunque può installare l’applicazione sul suo iPhone, scattare foto dei piatti e condividerle con il mondo. Così, prima di ordinare, potremo scoprire l’aspetto di un piatto.

Per Foodspotting iPhone è la prima piattaforma di riferimento, la maggior parte delle foto condivise arrivano proprio da un telefonino Apple. Così hanno guardato con molto interesse le nuove capacità fotografiche di iPhone 4S, e in particolare la capacità di scattare foto di qualità superiore anche in scarse condizioni di luce. Gran parte delle foto di Foodspotting, infatti, viene scattata al chiuso e all’ora di cena. Così la prova di iPhone 4S fatta da Foodspotting è forse una delle più interessanti, e interessate, tra quelle che potete trovare sul web. I risultati sono chiari: in effetti la differenza delle immagini ottenute con un 4S è ben visibile.

Non so perché, ma adoro fotografare il cibo. Ehi, a proposito, qui c’è il mio profilo.

Perché ho abbandonato iTunes (e sto su Deezer)

È qualche settimana che voglio scrivere questo post, ma per pigrizia l’ho sempre lasciato in bozza. Tanto vale pubblicare qualche riflessione da approfondire più tardi. Da ormai tre mesi non acquisto più musica su iTunes, preferendo utilizzare servizi di musica in streaming. Questi servizi mi danno la possibilità di ascoltare tutta la musica che desidero, pagando un fisso mensile. La musica non va scaricata, ma si ascolta in streaming.

Avevo provato con Play.me, che ha un catalogo molto ampio ed è anche un’azienda italiana. Il problema di Play.me, che è un servizio di Dada, è che l’applicazione per iPhone è davvero scadente, va continuamente in crash e più volte mi sono ritrovato impossibilitato ad ascoltare la mia musica.

Poi sono passato a Spotify. Spotify è il servizio di musica in streaming più popolare in assoluto, e ci sono dei buoni motivi. A differenza degli altri servizi Spotify non ti costringe ad ascoltare la musica da browser, ma propone un’applicazione dedicata. La cosa è “rassicurante” per chi migra da iTunes, anche perché l’applicazione riesce a salvare in locale i nostri brani preferiti, assicurandoci la possibilità di ascoltare la nostra musica anche se Internet non funziona, o in caso di problemi ai server di Spotify. Inoltre il design dell’applicazione è davvero ottimo. Ma Spotify non è disponibile in Italia, direte voi. In realtà acquistando un account con un normalissimo Paypal Uk il controllo sull’IP viene disattivato, e potete ascoltare la musica ovunque lo desideriate, anche sul vostro iPhone. Manca un’applicazione per iPad, ma quella per iPhone in emulazione funziona comunque. Il problema è che l’applicazione per iPhone va scaricata con un account americano e, da iOS 5 in poi, Apple ha reso più complicata la gestione di più account su un unico dispositivo. Tradotto, spesso dopo un aggiornamento Spotify non mi funzionava: nervosismo a mille e account chiuso.

Da qualche giorno sono passato a Deezer. Società francese, anche Deezer ha dei pro e dei contro. La musica si ascolta dal sito Deezer.com, ma anche da un iPhone o un iPad (in questo caso l’applicazione è universale, quindi progettata per entrambi i dispositivi). A differenza di Spotify, Deezer non ha un account gratuito per ascoltare i brani integrali, l’account gratuito consente di ascoltare solo 30 secondi di ogni canzone. Poco male, io l’idea di ascoltare la pubblicità dentro un album (come propone Spotify) la trovo inconcepibile, passo sempre agli account a pagamento. Deezer opera legalmente in Italia, senza problemi, basta una carta di credito italiana. Grosso limite: il catalogo non è ampio, ma c’è la possibilità di caricare i propri brani se manca qualcosa, e possiamo riascoltarli da qualunque dispositivo. Un iTunes Match a un costo decisamente inferiore, praticamente.

Ormai ne ho imparate anche fin troppe sui servizi di musica in streaming. Queste, secondo me, sono le ragioni per cui questo tipo di approccio è decisamente più interessante rispetto a quello che si ostina a proporre iTunes Store:

  • Per chi, come me, ascolta molta musica, 10€ al mese per ascoltare tutta la musica che vogliamo è un bel risparmio. In media a quella cifra compro un solo CD su iTunes, per non parlare dei CD fisici.
  • Ormai le reti Internet medie sono in grado di gestire bene la musica in streaming. Merito non tanto delle reti italiane, che sono quelle che sono, ma dei sistemi di trasmissione proposti da questi servizi. E, soprattutto, sui dispositivi mobili possiamo comunque conservare copie locali dei nostri brani preferiti. Di fatto non percepisco la differenza tra download e streaming, è molto sfumata.
  • Il concetto di proprietà è cambiato da quando acquistiamo in digitale. Apple difende strenuamente l’idea di utente interessato a “possedere” la sua musica, ma è stata proprio la sua rivoluzione digitale a spostare la nostra percezione di acquisto dal possesso alla semplice fruizione.
  • Con lo streaming non devo occupare gigabyte di memoria per la musica, è tutto nella nuvola.
  • Con lo streaming ascolto musica che non avrei mai ascoltato prima. Non devo acquistare un brano per scoprire se mi piace davvero. Posso navigare e scoprire con disinvoltura.
  • La musica in streaming è più social: Spotify e Deezer fanno scrobbling sulla Timeline di Facebook, che sta gradualmente sostituendo quello che una volta era Last.fm. In più posso facilmente condividere brani su Twitter o Facebook: gli amici con un account Spotify o Deezer potranno ascoltarlo subito.
  • Pagando un flat al mese sono più portato a spendere: non devo ponderare ogni acquisto, attivo l’abbonamento e quello lì rimane, rinnovandosi fino a quando non deciderò di interromperlo. Economicamente, in realtà, è un vantaggio: la musica è diventata un costo fisso facilmente preventivabile, non un costo variabile.

Ovviamente non è tutto rose e fiori. Ci sono almeno due grossi limiti rispetto ad iTunes e al sistema di download:

  • Quando qualcosa non funziona, a meno di aver salvato la musica in locale, non possiamo ascoltare nulla, ma proprio nulla. Paghiamo e non fruiamo, e ci si arrabbia il doppio, perché la responsabilità pesa tutta sul provider.
  • iTunes ci ha abituati al catalogo musicale più ampio del mondo, Spotify e Deezer sono ampiamente indietro, manca ancora molta musica. Specialmente se non ascoltate solo le ultime hit.

Perché Apple non stia investendo in questo settore non è facile capirlo. Probabilmente i motivi sono almeno tre:

  • Apple fatica a stringere alleanze con le major discografiche. Ormai è diventata un pesce troppo grande e potente, e le etichette hanno tutto l’interesse a indebolirla favorendo soggetti emergenti come Spotify. O Deezer, che per sfondare in Europa ha deliberatamente scartato il mercato statunitense.
  • Al momento il download può fruttare più introiti rispetto allo streaming. Fino a quando non sarà ampiamente diffuso, il mercato dello streaming non può essere pienamente sostenibile, quindi meglio “boicottarlo” trascurandolo. Entrando nel settore Apple ne decreterebbe facilmente la vittoria, ma poi convertirebbe i suoi utenti “fidelizzati” in semplici abbonati, con un alto tasso di fluidità. Per chi sottoscrive un servizio, infatti, passare da un provider all’altro è fin troppo facile: basta cambiare sottoscrizione.
  • Forse Apple si sta solo preparando. In attesa, come sempre, di entrare nel mercato in ritardo, ma proponendo qualcosa di innovativo che possa semplificare l’uso di questi servizi. In poche parole, come al solito, potrebbe essere una fase di studio degli errori degli avversari.

Io, nel frattempo, ho deciso di star bene così. In fondo è proprio Apple ad aver indicato la strada del cloud computing all’utente consumer. Mentre aspettiamo che la Mela inizi a fare le cose sul serio, noi, possiamo già risparmiare.

La vita difficile dei controller per iPad e iPhone

Tra gli accessori più affascinanti, ma anche meno credibili, per iPad e iPhone ci sono i controller per videogiochi. Certamente chi gioca molto su questi dispositivi sentirà la mancanza di controlli fisici, quindi un controller in stile PlayStation farà la loro felicità. Il problema è che di questi controller ne stiamo vedendo molti e tutti sono compatibili con un numero limitato di giochi. Fino a quando non ci sarà uno standard o un vincitore sconsiglio l’acquisto. Anche di questo 60beat che, a 50$, rimane per ora compatibile solo con due (ma proprio due!) titoli. In più le dimensioni mi sembrano fin troppo generose per un device Apple, soprattutto per un iPhone. Il mio consiglio? Meglio aspettare.

Amazon fa sul serio: Kindle da Unieuro e PC City

Amazon si è fatta attendere in Italia, forse anche troppo. Ma quando ha deciso di entrarci, nel nostro paese, l’ha fatto con convinzione. Da subito è arrivata con prezzi competitivi per i libri e con Amazon Prime. Poi ha iniziato ad espandere il catalogo ben oltre i libri. Poi ha aperto un centro distribuzione nel piacentino, che attirerà circa 400 dipendenti. Ora ha portato qui da noi anche il Kindle, il dispositivo per la lettura di ebook che ha un prezzo comunque competitivo per il nostro paese, e che porta con sè anche un catalogo di libri in italiano ormai valido. Fino ad oggi, però, era possibile acquistare il Kindle solo online.

Si sa (o, almeno, si immagina) il pubblico dei grandi lettori non è sempre il più tecnologizzato al mondo, quindi il rischio è quello di rimanere una “nicchia”. Così, ora, Amazon ha deciso di stringere un accordo con Unieuro e PC City, che distribuiranno il lettore di ebook in esclusiva in Italia. Questo è quello che succede quando un’azienda americana decide di fare sul serio in Italia. E vista la disorganizzazione degli altri distributori italiani, c’è terreno fertile per il dominio del mercato locale.