È qualche settimana che voglio scrivere questo post, ma per pigrizia l’ho sempre lasciato in bozza. Tanto vale pubblicare qualche riflessione da approfondire più tardi. Da ormai tre mesi non acquisto più musica su iTunes, preferendo utilizzare servizi di musica in streaming. Questi servizi mi danno la possibilità di ascoltare tutta la musica che desidero, pagando un fisso mensile. La musica non va scaricata, ma si ascolta in streaming.
Avevo provato con Play.me, che ha un catalogo molto ampio ed è anche un’azienda italiana. Il problema di Play.me, che è un servizio di Dada, è che l’applicazione per iPhone è davvero scadente, va continuamente in crash e più volte mi sono ritrovato impossibilitato ad ascoltare la mia musica.
Poi sono passato a Spotify. Spotify è il servizio di musica in streaming più popolare in assoluto, e ci sono dei buoni motivi. A differenza degli altri servizi Spotify non ti costringe ad ascoltare la musica da browser, ma propone un’applicazione dedicata. La cosa è “rassicurante” per chi migra da iTunes, anche perché l’applicazione riesce a salvare in locale i nostri brani preferiti, assicurandoci la possibilità di ascoltare la nostra musica anche se Internet non funziona, o in caso di problemi ai server di Spotify. Inoltre il design dell’applicazione è davvero ottimo. Ma Spotify non è disponibile in Italia, direte voi. In realtà acquistando un account con un normalissimo Paypal Uk il controllo sull’IP viene disattivato, e potete ascoltare la musica ovunque lo desideriate, anche sul vostro iPhone. Manca un’applicazione per iPad, ma quella per iPhone in emulazione funziona comunque. Il problema è che l’applicazione per iPhone va scaricata con un account americano e, da iOS 5 in poi, Apple ha reso più complicata la gestione di più account su un unico dispositivo. Tradotto, spesso dopo un aggiornamento Spotify non mi funzionava: nervosismo a mille e account chiuso.
Da qualche giorno sono passato a Deezer. Società francese, anche Deezer ha dei pro e dei contro. La musica si ascolta dal sito Deezer.com, ma anche da un iPhone o un iPad (in questo caso l’applicazione è universale, quindi progettata per entrambi i dispositivi). A differenza di Spotify, Deezer non ha un account gratuito per ascoltare i brani integrali, l’account gratuito consente di ascoltare solo 30 secondi di ogni canzone. Poco male, io l’idea di ascoltare la pubblicità dentro un album (come propone Spotify) la trovo inconcepibile, passo sempre agli account a pagamento. Deezer opera legalmente in Italia, senza problemi, basta una carta di credito italiana. Grosso limite: il catalogo non è ampio, ma c’è la possibilità di caricare i propri brani se manca qualcosa, e possiamo riascoltarli da qualunque dispositivo. Un iTunes Match a un costo decisamente inferiore, praticamente.
Ormai ne ho imparate anche fin troppe sui servizi di musica in streaming. Queste, secondo me, sono le ragioni per cui questo tipo di approccio è decisamente più interessante rispetto a quello che si ostina a proporre iTunes Store:
- Per chi, come me, ascolta molta musica, 10€ al mese per ascoltare tutta la musica che vogliamo è un bel risparmio. In media a quella cifra compro un solo CD su iTunes, per non parlare dei CD fisici.
- Ormai le reti Internet medie sono in grado di gestire bene la musica in streaming. Merito non tanto delle reti italiane, che sono quelle che sono, ma dei sistemi di trasmissione proposti da questi servizi. E, soprattutto, sui dispositivi mobili possiamo comunque conservare copie locali dei nostri brani preferiti. Di fatto non percepisco la differenza tra download e streaming, è molto sfumata.
- Il concetto di proprietà è cambiato da quando acquistiamo in digitale. Apple difende strenuamente l’idea di utente interessato a “possedere” la sua musica, ma è stata proprio la sua rivoluzione digitale a spostare la nostra percezione di acquisto dal possesso alla semplice fruizione.
- Con lo streaming non devo occupare gigabyte di memoria per la musica, è tutto nella nuvola.
- Con lo streaming ascolto musica che non avrei mai ascoltato prima. Non devo acquistare un brano per scoprire se mi piace davvero. Posso navigare e scoprire con disinvoltura.
- La musica in streaming è più social: Spotify e Deezer fanno scrobbling sulla Timeline di Facebook, che sta gradualmente sostituendo quello che una volta era Last.fm. In più posso facilmente condividere brani su Twitter o Facebook: gli amici con un account Spotify o Deezer potranno ascoltarlo subito.
- Pagando un flat al mese sono più portato a spendere: non devo ponderare ogni acquisto, attivo l’abbonamento e quello lì rimane, rinnovandosi fino a quando non deciderò di interromperlo. Economicamente, in realtà, è un vantaggio: la musica è diventata un costo fisso facilmente preventivabile, non un costo variabile.
Ovviamente non è tutto rose e fiori. Ci sono almeno due grossi limiti rispetto ad iTunes e al sistema di download:
- Quando qualcosa non funziona, a meno di aver salvato la musica in locale, non possiamo ascoltare nulla, ma proprio nulla. Paghiamo e non fruiamo, e ci si arrabbia il doppio, perché la responsabilità pesa tutta sul provider.
- iTunes ci ha abituati al catalogo musicale più ampio del mondo, Spotify e Deezer sono ampiamente indietro, manca ancora molta musica. Specialmente se non ascoltate solo le ultime hit.
Perché Apple non stia investendo in questo settore non è facile capirlo. Probabilmente i motivi sono almeno tre:
- Apple fatica a stringere alleanze con le major discografiche. Ormai è diventata un pesce troppo grande e potente, e le etichette hanno tutto l’interesse a indebolirla favorendo soggetti emergenti come Spotify. O Deezer, che per sfondare in Europa ha deliberatamente scartato il mercato statunitense.
- Al momento il download può fruttare più introiti rispetto allo streaming. Fino a quando non sarà ampiamente diffuso, il mercato dello streaming non può essere pienamente sostenibile, quindi meglio “boicottarlo” trascurandolo. Entrando nel settore Apple ne decreterebbe facilmente la vittoria, ma poi convertirebbe i suoi utenti “fidelizzati” in semplici abbonati, con un alto tasso di fluidità. Per chi sottoscrive un servizio, infatti, passare da un provider all’altro è fin troppo facile: basta cambiare sottoscrizione.
- Forse Apple si sta solo preparando. In attesa, come sempre, di entrare nel mercato in ritardo, ma proponendo qualcosa di innovativo che possa semplificare l’uso di questi servizi. In poche parole, come al solito, potrebbe essere una fase di studio degli errori degli avversari.
Io, nel frattempo, ho deciso di star bene così. In fondo è proprio Apple ad aver indicato la strada del cloud computing all’utente consumer. Mentre aspettiamo che la Mela inizi a fare le cose sul serio, noi, possiamo già risparmiare.
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